FASCIOLO 135. GIOVANNI IL BATTISTA
135:0.1GIOVANNI il Battista nacque il 25 marzo dell’anno 7 a.C., conformemente alla promessa che Gabriele aveva fatto ad Elisabetta nel giugno dell’anno precedente. Per cinque mesi Elisabetta tenne segreta la visitazione di Gabriele; e quando ne parlò a suo marito, Zaccaria, questi fu molto turbato e credette pienamente al suo racconto solo dopo aver fatto uno strano sogno circa sei settimane prima della nascita di Giovanni. Eccetto la visita di Gabriele ad Elisabetta ed il sogno di Zaccaria, non ci fu niente di eccezionale o di soprannaturale connesso con la nascita di Giovanni il Battista.
135:0.2All’ottavo giorno Giovanni fu circonciso secondo il costume ebraico. Egli crebbe come un bambino normale, giorno dopo giorno e anno dopo anno, nel piccolo villaggio conosciuto in quel tempo come la Città di Giuda, situato a circa sette chilometri ad ovest di Gerusalemme.
135:0.3L’avvenimento più memorabile della prima infanzia di Giovanni fu la visita, che fece in compagnia dei suoi genitori, a Gesù e alla famiglia di Nazaret. Questa visita avvenne nel mese di giugno dell’anno 1 a. C., quando egli aveva poco più di sei anni.
135:0.4Dopo il loro ritorno da Nazaret i genitori di Giovanni cominciarono l’educazione sistematica del ragazzo. Non c’era una scuola di sinagoga in questo piccolo villaggio; tuttavia, essendo un sacerdote, Zaccaria era abbastanza istruito ed Elisabetta era molto più colta della media delle donne della Giudea; anch’essa apparteneva al clero, essendo una discendente delle “figlie di Aaron”. Poiché Giovanni era figlio unico, essi dedicarono molto tempo alla sua educazione mentale e spirituale. Zaccaria aveva soltanto dei brevi periodi di servizio al tempio di Gerusalemme, cosicché passava molto del suo tempo ad istruire suo figlio.
135:0.5Zaccaria ed Elisabetta possedevano una piccola fattoria dove allevavano pecore. Essi avevano appena di che vivere in questa proprietà, ma Zaccaria riceveva un’indennità regolare dai fondi del tempio destinati al clero.
1. GIOVANNI DIVENTA UN NAZIREO
135:1.1Giovanni non aveva una scuola dalla quale poter uscire diplomato all’età di quattordici anni, ma i suoi genitori avevano scelto quest’anno come quello appropriato affinché pronunciasse il voto formale di Nazireo. Di conseguenza, Zaccaria ed Elisabetta condussero il loro figlio ad Engaddi, presso il Mar Morto. Questa era la sede meridionale della fratellanza nazirea, e là il ragazzo fu debitamente e solennemente ammesso a quest’ordine per tutta la vita. Dopo queste cerimonie e dopo aver fatto voto di astenersi da ogni bevanda inebriante, di lasciarsi crescere i capelli e di evitare di toccare i morti, la famiglia si recò a Gerusalemme dove, davanti al tempio, Giovanni completò le offerte previste da parte di coloro che pronunciavano i voti di Nazireo.
135:1.2Giovanni pronunciò gli stessi voti per tutta la vita che erano stati pronunciati dai suoi illustri predecessori, Sansone ed il profeta Samuele. Un Nazireo a vita era considerato una personalità santificata e sacra. Gli Ebrei portavano ad un Nazireo quasi lo stesso rispetto e la stessa venerazione accordati ad un gran sacerdote; e ciò non era strano perché i Nazirei consacrati a vita erano le sole persone, oltre ai gran sacerdoti, cui fosse permesso di entrare nel santo dei santi del tempio.
135:1.3Giovanni ritornò da Gerusalemme per badare alle pecore di suo padre e crescere fino a diventare un uomo vigoroso dotato di un nobile carattere.
135:1.4A sedici anni Giovanni, a seguito delle letture su Elia, rimase molto impressionato dal profeta del Monte Carmelo e decise di adottare la sua foggia nel vestire. Da quel giorno Giovanni portò sempre un indumento di pelo con una cintura di cuoio. A sedici anni egli era alto più di un metro e ottanta ed era quasi del tutto sviluppato. Con i suoi capelli fluenti ed il modo particolare di vestire egli era veramente un giovane pittoresco. Ed i suoi genitori si aspettavano grandi cose da questo loro unico figlio, un figlio della promessa ed un Nazireo per la vita.
2. LA MORTE DI ZACCARIA
135:2.1Dopo una malattia di alcuni mesi Zaccaria morì nel luglio dell’anno 12 d.C., quando Giovanni aveva appena compiuto diciotto anni. Questo fu un momento di grande imbarazzo per Giovanni, perché il voto di Nazireo proibiva il contatto con i morti, anche della propria famiglia. Sebbene Giovanni si fosse sforzato di conformarsi alle restrizioni del suo voto concernenti la contaminazione dai morti, dubitò di essere stato pienamente ubbidiente alle esigenze dell’ordine nazireo; perciò, dopo la sepoltura di suo padre, egli andò a Gerusalemme dove, nell’angolo nazireo del cortile delle donne, offrì i sacrifici richiesti per la sua purificazione.
135:2.2In settembre di quest’anno Elisabetta e Giovanni fecero un viaggio a Nazaret per far visita a Maria e a Gesù. Giovanni aveva quasi deciso d’iniziare l’opera della sua vita, ma fu esortato, non solo dalle parole di Gesù ma anche dal suo esempio, a ritornare a casa per prendersi cura di sua madre e per aspettare la “venuta dell’ora del Padre”. Dopo aver salutato Gesù e Maria al termine di questa piacevole visita, Giovanni non rivide più Gesù fino all’evento del suo battesimo nel Giordano.
135:2.3Giovanni ed Elisabetta ritornarono a casa loro e cominciarono a fare dei piani per il futuro. Poiché Giovanni rifiutava di accettare il sussidio del clero dovutogli dai fondi del tempio, in capo a due anni essi avevano quasi perso la loro casa; decisero così di dirigersi verso sud con il loro gregge di pecore. Di conseguenza, l’estate in cui Giovanni compì vent’anni vide il loro trasferimento ad Hebron. Nel cosiddetto “deserto della Giudea” Giovanni custodì le sue pecore lungo un torrente tributario di un corso d’acqua più grande che si gettava nel Mar Morto ad Engaddi. La colonia di Engaddi comprendeva non soltanto Nazirei consacrati a vita o per un periodo determinato, ma numerosi altri pastori ascetici che si riunivano in questa regione con i loro greggi e fraternizzavano con la comunità nazirea. Essi si mantenevano con l’allevamento delle pecore e grazie ai doni che Ebrei ricchi facevano all’ordine.
135:2.4Con il passare del tempo Giovanni ritornò meno spesso ad Hebron, mentre fece visite più frequenti ad Engaddi. Egli era così completamente differente dalla maggioranza dei Nazirei che trovava molto difficile fraternizzare pienamente con la comunità. Ma era molto affezionato ad Abner, guida e capo riconosciuto della colonia di Engaddi.
3. LA VITA DI UN PASTORE
135:3.1Lungo la valle di questo piccolo torrente Giovanni costruì non meno di una dozzina di ripari in pietra e di recinti per la notte, costituiti da pietre accatastate da dove poteva sorvegliare e proteggere il suo gregge di pecore e di capre. La vita di Giovanni come pastore gli lasciava molto tempo per pensare. Egli parlava molto con Ezda, un ragazzo orfano di Bet-zur, che egli aveva in un certo senso adottato e che custodiva il gregge quando egli andava ad Hebron per far visita a sua madre e per vendere delle pecore, ed anche quando si recava ad Engaddi per i servizi del sabato. Giovanni ed il ragazzo vivevano molto semplicemente, nutrendosi di carne di pecora, di latte di capra, di miele selvatico e di locuste commestibili di quella regione. Questo, che era il loro normale regime alimentare, era completato da provviste portate di tanto in tanto da Hebron e da Engaddi.
135:3.2Elisabetta teneva Giovanni informato degli affari della Palestina e del mondo, ed egli era sempre più profondamente convinto che si stesse rapidamente avvicinando il momento in cui il vecchio ordine di cose sarebbe finito; che egli sarebbe divenuto l’araldo dell’approssimarsi di una nuova era, “il regno dei cieli”. Questo rozzo pastore aveva una grande predilezione per gli scritti del profeta Daniele. Egli aveva letto migliaia di volte la descrizione di Daniele della grande immagine che Zaccaria gli aveva detto rappresentare la storia dei potenti regni del mondo, cominciando con la Babilonia, poi la Persia, la Grecia ed infine Roma. Giovanni percepiva che Roma era già composta di popoli e razze talmente poliglotte che non avrebbe mai potuto diventare un impero fortemente cementato e fermamente consolidato. Egli pensava che Roma fosse già allora divisa in Siria, Egitto, Palestina ed altre province; e poi lesse ancora che “al tempo di questi re il Dio del cielo stabilirà un regno che non sarà mai distrutto. E questo regno non sarà lasciato ad altro popolo ma farà a pezzi e consumerà tutti questi regni e sussisterà per sempre”. “E gli fu dato dominio e gloria ed un regno perché tutti i popoli, nazioni e lingue lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non finirà, ed il suo regno non sarà mai distrutto.” “Ed il regno e il dominio e la grandezza del regno sotto il cielo intero saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno è un regno eterno, e tutti i domini lo serviranno e gli obbediranno.”
135:3.3Giovanni non fu mai capace di elevarsi completamente al di sopra della confusione prodotta da quanto aveva ascoltato dai suoi genitori su Gesù e dai brani che aveva letto nelle Scritture. In Daniele lesse: “Ho avuto delle visioni notturne, ed ho visto uno simile al Figlio dell’Uomo venire sulle nubi del cielo, e gli veniva dato il dominio e la gloria ed un regno.” Ma queste parole del profeta non collimavano con quello che i suoi genitori gli avevano insegnato. Nemmeno il suo colloquio con Gesù in occasione della sua visita all’età di diciotto anni corrispondeva con queste affermazioni delle Scritture. Nonostante questa confusione, durante tutto il periodo delle sue perplessità sua madre lo assicurò che il suo lontano cugino, Gesù di Nazaret, era il vero Messia, che era venuto per sedere sul trono di Davide e che lui (Giovanni) sarebbe divenuto il suo preannunciatore ed il suo principale sostegno.
135:3.4A motivo di tutto ciò che aveva sentito dire del vizio e della perversità di Roma e della dissolutezza ed aridità morale dell’Impero, e da quanto seppe sulle cattive azioni di Erode Antipa e dei governatori della Giudea, Giovanni era incline a credere che la fine dell’era fosse imminente. Sembrava a questo rude e nobile figlio della natura che il mondo fosse maturo per la fine dell’era dell’uomo e per l’aurora dell’era nuova e divina—il regno dei cieli. Nel cuore di Giovanni cresceva la sensazione che egli sarebbe stato l’ultimo dei vecchi profeti ed il primo dei nuovi. Ed egli vibrava tutto sotto l’impulso crescente di andare a proclamare a tutti gli uomini: “Pentitevi! Mettetevi in regola con Dio! Siate pronti per la fine; preparatevi per l’apparizione dell’ordine nuovo ed eterno delle cose terrene, il regno dei cieli.”
4. LA MORTE DI ELISABETTA
135:4.1Il 17 agosto dell’anno 22 d.C., quando Giovanni aveva ventotto anni, sua madre morì improvvisamente. Gli amici di Elisabetta, conoscendo le restrizioni naziree circa il contatto con i morti, anche della propria famiglia, presero tutte le disposizioni per la sepoltura di Elisabetta prima di mandare a cercare Giovanni. Quando ricevette la notizia della morte di sua madre, egli ordinò ad Ezda di portare il suo gregge ad Engaddi e partì per Hebron.
135:4.2Al suo ritorno ad Engaddi dopo il funerale di sua madre, egli fece dono del suo gregge alla confraternita e si staccò dal mondo esteriore per un periodo di digiuno e di preghiera. Giovanni conosceva soltanto gli antichi metodi di approccio alla divinità; conosceva soltanto la storia di persone quali Elia, Samuele e Daniele. Elia rappresentava il suo ideale di profeta. Elia era stato il primo degli insegnanti d’Israele ad essere considerato un profeta e Giovanni credeva sinceramente che egli sarebbe stato l’ultimo di questa lunga ed illustre serie di messaggeri del cielo.
135:4.3Per due anni e mezzo Giovanni visse ad Engaddi e persuase la maggior parte della confraternita che “la fine dell’era era vicina”; che “il regno dei cieli era sul punto di apparire”. E tutto il suo insegnamento iniziale era basato sull’idea e sul concetto ebraici correnti del Messia promesso alla nazione ebrea per liberarla dalla dominazione dei suoi governatori Gentili.
135:4.4Per tutto questo periodo Giovanni lesse molto gli scritti sacri che trovò nella sede di Engaddi dei Nazirei. Egli fu particolarmente impressionato da Isaia e da Malachia, l’ultimo dei profeti fino a quel tempo. Lesse e rilesse gli ultimi cinque capitoli di Isaia e credette a queste profezie. Poi lesse in Malachia: “Ecco, vi manderò Elia il profeta prima della venuta del grande e terribile giorno del Signore; ed egli volgerà il cuore dei padri verso i figli ed il cuore dei figli verso i loro padri, per timore che io venga a colpire la terra con una maledizione.” E fu soltanto questa promessa di Malachia che Elia sarebbe tornato che trattenne Giovanni dall’andare a predicare sul regno imminente e ad esortare i suoi compatrioti ebrei a fuggire l’ira futura. Giovanni era maturo per la proclamazione del messaggio del regno futuro, ma questa attesa della venuta di Elia lo trattenne per più di due anni. Egli sapeva di non essere Elia. Che cosa voleva dire Malachia? La sua profezia era letterale o simbolica? Come poteva egli conoscere la verità? Alla fine osò pensare che, dal momento che il primo dei profeti si chiamava Elia, così l’ultimo poteva essere conosciuto in fin dei conti con lo stesso nome. Tuttavia egli aveva dei dubbi, dubbi sufficienti ad impedirgli di chiamare se stesso Elia.
135:4.5Fu l’influenza di Elia che indusse Giovanni ad adottare i suoi metodi di attacco diretto e brusco contro i peccati ed i vizi dei suoi contemporanei. Egli cercò di vestirsi come Elia e si sforzò di parlare come Elia; in tutti i suoi aspetti esteriori assomigliava al profeta di un tempo. Egli era proprio un vigoroso e pittoresco figlio della natura, proprio un intrepido e audace predicatore di rettitudine. Giovanni non era ignorante; conosceva bene gli scritti sacri ebrei, ma era poco colto. Egli aveva delle idee chiare, era un potente oratore ed un ardente accusatore. Non era un esempio per la sua epoca, ma era un eloquente censore.
135:4.6Alla fine egli escogitò il metodo per proclamare la nuova era, il regno di Dio; decise che sarebbe divenuto l’araldo del Messia. Spazzò via tutti i dubbi e partì da Engaddi un giorno di marzo dell’anno 25 d.C. per iniziare la sua breve ma brillante carriera di predicatore pubblico.
5. IL REGNO DI DIO
135:5.1Per comprendere il messaggio di Giovanni bisogna tenere conto della condizione del popolo ebreo al momento in cui egli apparve sulla scena d’azione. Per quasi cento anni tutto Israele affrontava un dilemma; gli Ebrei erano imbarazzati a spiegare la loro continua sottomissione ai governatori Gentili. Mosè non aveva insegnato che la rettitudine era sempre ricompensata con la prosperità ed il potere? Non erano essi il popolo eletto di Dio? Perché il trono di Davide era abbandonato e vacante? Alla luce delle dottrine di Mosè e dei precetti dei profeti gli Ebrei trovavano difficile spiegare la lunga continuità della loro desolazione nazionale.
135:5.2Circa cento anni prima dell’epoca di Gesù e di Giovanni sorse in Palestina una nuova scuola d’insegnanti religiosi, gli apocalittici. Questi nuovi insegnanti elaborarono un sistema di credenza che spiegava le sofferenze e l’umiliazione degli Ebrei con il motivo che stavano pagando le conseguenze dei peccati della nazione. Essi ritornavano sulle ben note ragioni destinate a spiegare le loro cattività precedenti a Babilonia e altrove. Ma, così insegnavano gli apocalittici, Israele avrebbe ripreso coraggio; i tempi della sua afflizione erano quasi passati; la punizione del popolo eletto di Dio stava per finire; la pazienza di Dio verso gli stranieri Gentili era quasi esaurita. La fine della sovranità romana era sinonimo della fine dell’era e, in un certo senso, della fine del mondo. Questi nuovi insegnanti si appoggiavano fortemente sulle predizioni di Daniele ed insegnavano con persistenza che la creazione stava per arrivare al suo stadio finale; i regni di questo mondo stavano per divenire il regno di Dio. Per le menti ebree di quel tempo questo era il senso della frase—il regno dei cieli—che ricorreva negli insegnamenti di Giovanni e di Gesù. Per gli Ebrei della Palestina la frase “regno dei cieli” aveva solo un significato: uno Stato assolutamente retto nel quale Dio (il Messia) avrebbe governato le nazioni della terra con la stessa perfezione di potere con cui governava in cielo—“Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo.”
135:5.3Al tempo di Giovanni tutti gli Ebrei si chiedevano con ansietà: “Quando verrà il regno?” Essi avevano la sensazione generale che la fine del governo delle nazioni gentili fosse prossima. Era presente in tutti gli Ebrei una viva speranza ed un’ardente aspettativa che la realizzazione del desiderio delle ere si sarebbe verificata durante la vita di quella generazione.
135:5.4Anche se gli Ebrei differivano grandemente nelle loro valutazioni sulla natura del regno futuro, credevano tutti in modo simile che l’avvenimento fosse imminente, vicinissimo, addirittura in corso. Molti di coloro che leggevano l’Antico Testamento erano letteralmente in attesa di un nuovo re in Palestina per una nazione ebrea rigenerata, liberata dai suoi nemici e presieduta dal successore del Re Davide, il Messia, che sarebbe stato immediatamente riconosciuto come il giusto e legittimo sovrano del mondo intero. Un altro gruppo di devoti Ebrei, meno numeroso, aveva una visione assai differente di questo regno di Dio. Essi insegnavano che il regno futuro non era di questo mondo, che il mondo si stava avvicinando ad una fine certa e che “un nuovo cielo ed una nuova terra” avrebbero annunciato l’instaurazione del regno di Dio; che questo regno sarebbe stato un dominio eterno, che il peccato sarebbe finito e che i cittadini del nuovo regno sarebbero divenuti immortali nel godimento di questa felicità eterna.
135:5.5Tutti erano d’accordo che un’epurazione radicale o un castigo purificante avrebbero necessariamente preceduto l’instaurazione del nuovo regno sulla terra. Coloro che si attenevano alla lettera insegnavano che sarebbe scoppiata una guerra mondiale che avrebbe distrutto tutti i non credenti, mentre i fedeli avrebbero riportato una vittoria universale ed eterna. Gli spiritisti insegnavano che il regno sarebbe stato inaugurato dal grande giudizio di Dio che avrebbe relegato i malvagi al loro verdetto ben meritato di condanna e di distruzione finale, elevando allo stesso tempo i santi credenti del popolo eletto ad alti posti d’onore e d’autorità presso il Figlio dell’Uomo, il quale avrebbe regnato sulle nazioni redente nel nome di Dio. Quest’ultimo gruppo credeva anche che molti devoti Gentili avrebbero potuto essere ammessi alla comunità del nuovo regno.
135:5.6Certi Ebrei erano dell’opinione che Dio avrebbe potuto instaurare questo nuovo regno per intervento diretto e divino, ma la grande maggioranza credeva che egli avrebbe interposto un intermediario rappresentativo, il Messia. Questo era il solo significato possibile che il termine Messia poteva avere nella mente degli Ebrei della generazione di Giovanni e di Gesù. Messia non poteva assolutamente essere un termine attribuito ad uno che si fosse limitato ad insegnare la volontà di Dio o a proclamare la necessità di una vita retta. A tutte queste persone sante gli Ebrei davano il titolo di profeta. Il Messia doveva essere più che un profeta; il Messia doveva portare all’instaurazione del nuovo regno, il regno di Dio. Nessuno che avesse fallito in questa impresa avrebbe potuto essere il Messia nel senso tradizionale ebraico.
135:5.7Chi sarebbe stato questo Messia? Di nuovo gli insegnanti ebrei avevano opinioni diverse. Gli anziani aderivano alla dottrina del figlio di Davide. I nuovi insegnavano che, poiché il nuovo regno era un regno celeste, il nuovo sovrano avrebbe potuto anche essere una personalità divina che era rimasta seduta a lungo in cielo alla destra di Dio. E per quanto strano potesse sembrare, coloro che concepivano in tal modo il sovrano del nuovo regno non lo consideravano un Messia umano, un semplice uomo, ma “il Figlio dell’Uomo”—un Figlio di Dio—un Principe celeste tenuto a lungo in attesa per assumere così la sovranità sulla terra resa nuova. Questo era lo scenario religioso del mondo ebraico quando Giovanni entrò in scena proclamando: “Pentitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”
135:5.8Diventa chiaro, quindi, che l’annuncio di Giovanni del regno futuro non aveva meno di una mezza dozzina di significati differenti nella mente di coloro che ascoltavano la sua appassionata predicazione. Ma indipendentemente dal significato che essi attribuivano alle espressioni impiegate da Giovanni, ognuno di questi vari gruppi in attesa del regno degli Ebrei era incuriosito dalle proclamazioni di questo predicatore di rettitudine e di pentimento, sincero, entusiasta e sbrigativo, che esortava così solennemente i suoi ascoltatori a “fuggire dalla collera futura”.
6. GIOVANNI COMINCIA A PREDICARE
135:6.1All’inizio del mese di marzo dell’anno 25 d.C., Giovanni fece il giro della costa occidentale del Mar Morto e risalì il fiume Giordano fino all’altezza di Gerico, l’antico guado attraverso il quale Giosuè ed i figli d’Israele erano passati quando entrarono per la prima volta nella terra promessa. Ed attraversato il fiume fino all’altra sponda, si stabilì vicino all’accesso del guado e cominciò a predicare alla gente che attraversava il fiume in un senso o nell’altro. Questo era il più frequentato di tutti i punti di attraversamento del Giordano.
135:6.2Era evidente a tutti coloro che ascoltavano Giovanni che egli era più che un predicatore. La grande maggioranza di coloro che ascoltavano questo strano uomo venuto dal deserto della Giudea ripartiva credendo di aver ascoltato la voce di un profeta. Non c’è da meravigliarsi che le anime di questi Ebrei frustrati e pieni di speranza fossero profondamente scosse da un tale fenomeno. In tutta la storia ebraica mai i figli devoti di Abramo avevano tanto desiderato la “consolazione d’Israele” né atteso più ardentemente “la restaurazione del regno”. Mai in tutta la storia ebraica il messaggio di Giovanni, “il regno dei cieli è vicino”, avrebbe potuto esercitare un richiamo così profondo ed universale come nel preciso momento in cui egli apparve così misteriosamente sulla sponda di questo guado meridionale del Giordano.
135:6.3Egli proveniva dai pastori, come Amos. Era vestito come l’Elia di un tempo ed urlava le sue ammonizioni e lanciava i suoi avvertimenti nello “spirito e potere di Elia”. Non c’è da sorprendersi che questo stravagante predicatore abbia creato uno scompiglio enorme in tutta la Palestina via via che i viaggiatori portavano in giro le notizie della sua predicazione lungo il Giordano.
135:6.4C’era anche un’altra e nuova caratteristica nel lavoro di questo predicatore nazireo: egli battezzava ognuno dei suoi credenti nel Giordano “per la remissione dei peccati”. Sebbene il battesimo non fosse una cerimonia nuova tra gli Ebrei, essi non l’avevano mai visto praticato come faceva ora Giovanni. C’era stata a lungo la pratica di battezzare così i proseliti Gentili per ammetterli alla comunità del cortile esterno del tempio, ma non era mai stato chiesto agli Ebrei stessi di sottoporsi al battesimo di pentimento. Trascorsero soltanto quindici mesi tra il momento in cui Giovanni cominciò a predicare e a battezzare ed il suo arresto ed imprigionamento su istigazione di Erode Antipa, ma in questo breve lasso di tempo egli battezzò ben più di centomila penitenti.
135:6.5Giovanni predicò per quattro mesi al guado di Betania prima di partire verso nord risalendo il Giordano. Decine di migliaia di ascoltatori, alcuni curiosi ma molti sinceri e seri, vennero ad ascoltarlo da tutte le parti della Giudea, della Perea e della Samaria. Alcuni vennero anche dalla Galilea.
135:6.6In maggio di quest’anno, mentre egli si trovava ancora al guado di Betania, i sacerdoti e i Leviti mandarono una delegazione per chiedere a Giovanni se sostenesse di essere il Messia ed in virtù di quale autorità predicasse. Giovanni rispose a questi inquisitori dicendo: “Andate a dire ai vostri padroni che avete ascoltato ‘la voce di uno che grida nel deserto’, come annunciò il profeta, dicendo: ‘preparate la via del Signore, spianate una strada maestra per il nostro Dio. Ogni valle sarà colmata ed ogni montagna ed ogni collina sarà livellata; i terreni irregolari diverranno piani, mentre i luoghi accidentati diverranno vallate uniformi; e tutta l’umanità vedrà la salvezza di Dio.’ ”
135:6.7Giovanni era un predicatore eroico ma privo di tatto. Un giorno in cui stava predicando e battezzando sulla riva occidentale del Giordano, un gruppo di Farisei ed un certo numero di Sadducei si fecero avanti e si presentarono per essere battezzati. Prima di farli scendere nell’acqua, Giovanni, rivolgendosi a loro collettivamente, disse: “Chi vi ha consigliato di fuggire dalla collera futura come vipere davanti al fuoco? Io vi battezzerò, ma vi avverto che dovrete produrre frutti degni di un sincero pentimento se volete ricevere la remissione dei vostri peccati. Non venitemi a dire che Abramo è vostro padre. Io dichiaro che da queste dodici pietre qui davanti a voi Dio è capace di far sorgere dei degni figli di Abramo. Già ora la scure è posta sulle radici stesse degli alberi. Ogni albero che non porta frutti buoni è destinato ad essere tagliato e gettato nel fuoco.” (Le dodici pietre alle quali egli faceva allusione erano le celebri pietre commemorative erette da Giosuè a ricordo del passaggio delle “dodici tribù” per questo stesso posto quando entrarono per la prima volta nella terra promessa.)
135:6.8Giovanni teneva delle lezioni per i suoi discepoli, nel corso delle quali li istruiva sui dettagli della loro nuova vita e si sforzava di rispondere alle loro numerose domande. Egli consigliava agli istruttori d’insegnare nello spirito quanto nella lettera della legge. Egli insegnava al ricco di nutrire il povero; agli esattori d’imposte diceva: “Non estorcete più di quanto vi è dovuto.” Ai soldati diceva: “Non fate violenza e non pretendete niente indebitamente—accontentatevi del vostro soldo.” Mentre consigliava a tutti: “Preparatevi per la fine dell’era—il regno dei cieli è vicino.”
7. GIOVANNI VA VERSO NORD
135:7.1Giovanni aveva ancora le idee confuse sul regno futuro e sul suo re. Più predicava e più era confuso, ma questa incertezza intellettuale circa la natura del regno futuro non sminuì mai minimamente la sua convinzione sulla certezza dell’avvento immediato del regno. Giovanni poteva essere confuso nella mente, ma mai nello spirito. Egli non aveva alcun dubbio sulla venuta del regno, ma era lontano dall’essere certo che Gesù sarebbe stato o meno il sovrano di questo regno. Fintantoché Giovanni si atteneva all’idea della restaurazione del trono di Davide, gli insegnamenti dei suoi genitori che Gesù, nato nella Città di Davide, sarebbe stato il liberatore a lungo atteso, sembravano coerenti. Ma nei momenti in cui propendeva maggiormente verso la dottrina di un regno spirituale e della fine dell’era temporale sulla terra, egli era molto dubbioso sul ruolo che Gesù avrebbe svolto in tali avvenimenti. Talvolta dubitava di tutto, ma non a lungo. Egli desiderava realmente poter parlare di tutto ciò con suo cugino, ma questo era contrario all’accordo stabilito tra di loro.
135:7.2Mentre Giovanni si dirigeva verso nord, pensò molto a Gesù. Egli si fermò in più di una dozzina di posti risalendo il Giordano. Fu ad Adam che egli fece per la prima volta allusione ad “un altro che verrà dopo di me” in risposta ad una domanda precisa che gli avevano posto i suoi discepoli: “Sei tu il Messia?” Ed egli proseguì dicendo: “Verrà uno dopo di me che è più grande di me, davanti al quale non sono degno di chinarmi a sciogliere i lacci dei suoi sandali. Io vi battezzo con l’acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo. Ha la pala nella sua mano per pulire a fondo la sua aia; egli riporrà il grano nel suo granaio, ma distruggerà la pula con il fuoco del giudizio.”
135:7.3In risposta alle domande dei suoi discepoli Giovanni continuò ad ampliare i suoi insegnamenti, aggiungendo giorno dopo giorno maggiori indicazioni utili ed incoraggianti rispetto al suo messaggio iniziale ed enigmatico: “Pentitevi e siate battezzati.” In quel tempo delle folle arrivavano dalla Galilea e dalla Decapoli. Decine di credenti sinceri si fermavano giorno dopo giorno con il loro adorato maestro.
8. L’INCONTRO DI GESÙ CON GIOVANNI
135:8.1Nel dicembre dell’anno 25 d.C., quando Giovanni raggiunse i dintorni di Pella risalendo il Giordano, la sua fama si era estesa in tutta la Palestina e la sua opera era divenuta il principale soggetto di conversazione in tutte le città vicine al lago di Galilea. Gesù aveva parlato favorevolmente del messaggio di Giovanni e ciò aveva indotto numerosi abitanti di Cafarnao ad unirsi al culto di pentimento e di battesimo di Giovanni. Giacomo e Giovanni, i figli pescatori di Zebedeo, erano scesi al guado in dicembre, poco dopo che Giovanni si era fermato a predicare vicino a Pella, e si erano presentati per essere battezzati. Essi andavano a trovare Giovanni una volta alla settimana e riportavano a Gesù resoconti recenti e diretti dell’opera dell’evangelista.
135:8.2I fratelli di Gesù, Giacomo e Giuda, avevano parlato di andare da Giovanni per essere battezzati; ed ora che Giuda era venuto a Cafarnao per le funzioni del sabato, lui e Giacomo, dopo che ebbero ascoltato il discorso di Gesù nella sinagoga, decisero di chiedergli consiglio circa i loro piani. Ciò avvenne sabato sera 12 gennaio dell’anno 26 d.C. Gesù chiese loro di rimandare la discussione al giorno seguente, in cui avrebbe dato loro la sua risposta. Egli dormì molto poco quella notte, rimanendo in stretta comunione con il Padre celeste. Si era accordato per mangiare a mezzogiorno con i suoi fratelli e dare loro il proprio parere sul battesimo da parte di Giovanni. Quella domenica mattina Gesù stava lavorando come al solito al cantiere navale. Giacomo e Giuda erano arrivati con il pranzo e lo stavano aspettando nel magazzino del legname, perché non era ancora giunta l’ora della pausa di mezzogiorno e sapevano che Gesù era molto preciso in queste cose.
135:8.3Poco prima della sosta di mezzogiorno, Gesù depose i suoi attrezzi, si tolse il grembiule da lavoro ed annunciò semplicemente ai tre operai che lavoravano nella stanza con lui: “La mia ora è venuta.” Egli andò dai suoi fratelli Giacomo e Giuda, ripetendo: “La mia ora è venuta—andiamo da Giovanni.” Ed essi partirono immediatamente per Pella, mangiando il loro pasto durante il viaggio. Questo avvenne domenica 13 gennaio. Essi si fermarono per la notte nella valle del Giordano ed arrivarono sul luogo in cui Giovani battezzava verso mezzogiorno del giorno seguente.
135:8.4Giovanni aveva appena incominciato a battezzare i candidati della giornata. Decine di penitenti stavano in fila aspettando il loro turno quando Gesù ed i suoi due fratelli presero posto in questa fila di uomini e di donne sinceri che erano divenuti credenti nella predicazione di Giovanni sul regno futuro. Giovanni si era informato su Gesù presso i figli di Zebedeo. Egli aveva saputo dei commenti di Gesù sulla sua predicazione e giorno dopo giorno si aspettava di vederlo arrivare sul posto, ma non pensava di salutarlo nella fila dei candidati al battesimo.
135:8.5Essendo assorbito dai dettagli per battezzare rapidamente un così gran numero di convertiti, Giovanni non alzò gli occhi per guardare Gesù fino a quando il Figlio dell’Uomo non fu in sua diretta presenza. Quando Giovanni riconobbe Gesù, le cerimonie furono interrotte per un momento mentre egli salutava suo cugino nella carne e gli chiedeva: “Ma perché scendi nell’acqua per salutarmi? E Gesù rispose: “Per sottopormi al tuo battesimo.” Giovanni replicò: “Ma sono io che ho bisogno di essere battezzato da te. Perché vieni da me?” E Gesù sussurrò a Giovanni: “Abbi pazienza con me adesso, perché occorre che diamo questo esempio ai miei fratelli che sono qui con me e perché la gente possa sapere che la mia ora è venuta.”
135:8.6C’era un tono deciso ed autoritario nella voce di Gesù. Giovanni tremava per l’emozione mentre si preparava a battezzare Gesù di Nazaret nel Giordano a mezzogiorno di lunedì 14 gennaio dell’anno 26 d.C. Così Giovanni battezzò Gesù ed i suoi due fratelli Giacomo e Giuda. E quando Giovanni ebbe battezzato questi tre, congedò gli altri in attesa, annunciando che avrebbe ripreso a battezzare a mezzogiorno del giorno seguente. Mentre la gente se ne stava andando, i quattro uomini ancora nell’acqua udirono un suono strano, e subito comparve per qualche istante un’apparizione immediatamente sopra la testa di Gesù e udirono una voce che diceva: “Questo è il mio figlio prediletto nel quale io sono molto soddisfatto.” Un grande cambiamento si produsse sul volto di Gesù, e uscendo dall’acqua in silenzio egli si congedò da loro e si diresse verso le colline poste ad est. E nessuno rivide Gesù per quaranta giorni.
135:8.7Giovanni accompagnò Gesù per un tratto sufficiente a raccontargli la storia della visita di Gabriele a sua madre prima della nascita di entrambi, così come l’aveva ascoltata molte volte dalle labbra di sua madre. Egli lasciò che Gesù proseguisse la sua strada dopo avergli detto: “Ora so con certezza che tu sei il Liberatore.” Ma Gesù non rispose.
9. I QUARANTA GIORNI DI PREDICAZIONE
135:9.1Quando Giovanni ritornò dai suoi discepoli (ne aveva ora venticinque o trenta che stavano sempre con lui), li trovò in accesa discussione su quanto era appena accaduto in connessione con il battesimo di Gesù. Essi rimasero tutti ancora più stupiti quando Giovanni raccontò loro la storia della visitazione di Gabriele a Maria prima della nascita di Gesù, ed anche che Gesù non gli aveva detto una parola dopo che gliene aveva parlato. Non pioveva quella sera e questo gruppo di trenta o più persone discusse a lungo nella notte stellata. Essi si chiedevano dove fosse andato Gesù e quando lo avrebbero rivisto.
135:9.2Dopo l’esperienza di questo giorno la predicazione di Giovanni assunse toni nuovi e sicuri della proclamazione concernente il futuro regno e l’atteso Messia. Questi quaranta giorni di attesa, aspettando il ritorno di Gesù, furono un periodo di tensione; ma Giovanni continuava a predicare con grande potenza, ed i suoi discepoli cominciarono in quel tempo a predicare alle folle straripanti che si ammassavano attorno a Giovanni sulle rive del Giordano.
135:9.3Nel corso di questi quaranta giorni di attesa si diffusero molte dicerie nel paese ed anche a Tiberiade e Gerusalemme. Migliaia di persone venivano a vedere la nuova attrazione all’accampamento di Giovanni, il preteso Messia, ma Gesù non fu visto. Quando i discepoli di Giovanni affermavano che lo strano uomo di Dio se ne era andato sulle colline, molti dubitavano dell’intera storia.
135:9.4Circa tre settimane dopo che Gesù li aveva lasciati, arrivò sulla scena a Pella una nuova delegazione di sacerdoti e di Farisei di Gerusalemme. Essi chiesero direttamente a Giovanni se egli fosse Elia o il profeta promesso da Mosè; e quando Giovanni disse: “Non lo sono”, essi ebbero l’ardire di chiedere: “Sei tu il Messia? E Giovanni rispose: “Non lo sono.” Allora questi uomini venuti da Gerusalemme dissero: “Se tu non sei Elia, né il profeta, né il Messia, allora perché battezzi la gente e crei tutto questo trambusto?” E Giovani replicò: “Spetta a coloro che mi hanno ascoltato ed hanno ricevuto il mio battesimo dire chi sono, ma io vi dichiaro che, mentre io battezzo con acqua, è stato fra di noi uno che ritornerà per battezzarvi con lo Spirito Santo.”
135:9.5Questi quaranta giorni furono un periodo difficile per Giovanni e i suoi discepoli. Quale doveva essere la relazione tra Giovanni e Gesù? Sorsero cento questioni da discutere. La politica e le ambizioni egoiste cominciarono a fare la loro apparizione. Sorsero delle discussioni accanite attorno alle varie idee e concezioni del Messia. Sarebbe egli divenuto un capo militare e un re come Davide? Avrebbe sconfitto le armate romane come Giosuè aveva fatto con i Cananei? O sarebbe venuto ad instaurare un regno spirituale? Giovanni propendeva piuttosto, con la minoranza, che Gesù fosse venuto ad instaurare il regno dei cieli, sebbene non fosse del tutto chiaro nella sua mente che cosa doveva comportare questa missione dell’instaurazione del regno dei cieli.
135:9.6Questi furono giorni intensi nell’esperienza di Giovanni ed egli pregò per il ritorno di Gesù. Alcuni discepoli di Giovanni organizzarono dei gruppi di esploratori per andare alla ricerca di Gesù, ma Giovanni lo proibì dicendo: “I nostri tempi sono nelle mani del Dio del cielo; egli guiderà il suo Figlio eletto.”
135:9.7Fu al mattino presto di sabato 23 febbraio che i compagni di Giovanni, mentre prendevano il loro pasto del mattino, guardarono verso nord e scorsero Gesù che veniva verso di loro. Mentre egli si avvicinava, Giovanni salì sopra una grande roccia e alzando la sua risonante voce disse: “Guardate il Figlio di Dio, il liberatore del mondo! Questi è colui del quale ho detto: ‘Dopo di me verrà uno che mi sarà preferito perché esisteva prima di me.’ Per questo motivo sono uscito dal deserto a predicare il pentimento e a battezzare con acqua, proclamando che il regno dei cieli è vicino. Ora viene uno che vi battezzerà con lo Spirito Santo. Io ho visto lo spirito divino discendere su quest’uomo ed ho udito la voce di Dio dichiarare: ‘Questo è il mio figlio prediletto nel quale io sono molto soddisfatto.’ ”
135:9.8Gesù li invitò a ritornare al loro cibo mentre egli si sedette a mangiare con Giovanni, poiché i suoi fratelli Giacomo e Giuda erano tornati a Cafarnao.
135:9.9La mattina presto del giorno seguente egli si congedò da Giovanni e dai suoi discepoli e ripartì per la Galilea. Non disse loro nulla di quando lo avrebbero rivisto. Alle domande di Giovanni sulla propria predicazione e missione Gesù disse soltanto: “Mio Padre ti guiderà ora ed in futuro come ha fatto nel passato.” E questi due grandi uomini si separarono quel mattino sulle rive del Giordano per non rivedersi mai più nella carne.
10. GIOVANNI VA VERSO SUD
135:10.1Poiché Gesù era andato a nord in Galilea, Giovanni si sentì spinto a ritornare sui suoi passi verso sud. Di conseguenza, domenica mattina 3 marzo, Giovanni ed il resto dei suoi discepoli iniziarono il loro viaggio verso sud. Circa un quarto dei seguaci più vicini a Giovanni erano partiti nel frattempo per la Galilea in cerca di Gesù. C’era la tristezza della confusione in Giovanni. Egli non predicò più come faceva prima di battezzare Gesù. Sentiva in certo qual modo che la responsabilità del regno futuro non era più sulle sue spalle. Egli aveva l’impressione che la sua opera fosse quasi finita; era sconsolato e solo. Ma predicava, battezzava e proseguiva il suo cammino verso sud.
135:10.2Giovanni si fermò parecchie settimane vicino al villaggio di Adam, e fu qui che lanciò il suo memorabile attacco contro Erode Antipa che aveva preso illegalmente la moglie di un altro uomo. Nel giugno di quest’anno (26 d.C.) Giovanni era tornato al guado di Betania sul Giordano, dove aveva iniziato la sua predicazione sul regno futuro più di un anno prima. Nelle settimane che seguirono il battesimo di Gesù, il carattere della predicazione di Giovanni era gradatamente cambiato nella proclamazione della misericordia per la gente comune, mentre denunciava con rinnovata veemenza i capi politici e religiosi corrotti.
135:10.3Erode Antipa, nel cui territorio Giovanni stava predicando, si allarmò per timore che costui ed i suoi discepoli suscitassero una ribellione. Erode era anche risentito per le critiche pubbliche di Giovanni sui suoi affari familiari. In considerazione di tutto ciò Erode decise di mettere Giovanni in prigione. Di conseguenza, nelle prime ore del mattino del 12 giugno, prima dell’arrivo delle moltitudini per ascoltare la predicazione ed assistere al battesimo, gli agenti di Erode posero Giovanni in stato d’arresto. Poiché le settimane passavano ed egli non veniva rilasciato, i suoi discepoli si sparsero per tutta la Palestina; molti di loro andarono in Galilea per unirsi ai seguaci di Gesù.
11. GIOVANNI IN PRIGIONE
135:11.1Giovanni fece un’esperienza solitaria ed un po’ amara in prigione. Pochi dei suoi discepoli furono autorizzati a fargli visita. Egli desiderava ardentemente vedere Gesù, ma dovette accontentarsi di sentir parlare del suo lavoro tramite quelli che tra i suoi discepoli erano divenuti credenti nel Figlio dell’Uomo. Egli fu spesso tentato di dubitare di Gesù e della sua missione divina. Se Gesù era il Messia, perché non faceva nulla per liberarlo da questa intollerabile prigionia? Per più di un anno e mezzo questo rude uomo di Dio abituato all’aria aperta languì in quell’orribile prigione. E questa esperienza fu una grande prova della sua fede in Gesù e della sua fedeltà verso di lui. In verità tutta questa esperienza fu una grande prova della fede di Giovanni anche in Dio. Molte volte egli fu tentato di dubitare anche dell’autenticità della sua stessa missione ed esperienza.
135:11.2Dopo che ebbe trascorso in prigione parecchi mesi, un gruppo di suoi discepoli venne a trovarlo e, dopo avergli riferito sulle attività pubbliche di Gesù, disse: “Così vedi, Maestro, che colui che era con te nel corso superiore del Giordano prospera e riceve tutti coloro che vengono da lui. Egli banchetta anche con i Pubblicani ed i peccatori. Tu hai reso una coraggiosa testimonianza verso di lui e tuttavia egli non fa nulla per ottenere la tua liberazione.” Ma Giovanni rispose ai suoi amici: “Quest’uomo non può fare nulla senza che ciò gli sia stato dato da suo Padre che è nei cieli. Vi ricordate bene quello che ho detto: ‘Io non sono il Messia, ma sono uno mandato avanti per preparare la via a lui.’ E questo ho fatto. Colui che ha la sposa è lo sposo, ma l’amico dello sposo che sta nelle vicinanze e lo ascolta gode grandemente nell’udire la voce dello sposo. Questa mia gioia dunque è appagata. Egli deve crescere ed io diminuire. Io sono di questa terra ed ho proclamato il mio messaggio. Gesù di Nazaret è venuto sulla terra dal cielo ed è al di sopra di noi tutti. Il Figlio dell’Uomo è disceso da Dio, ed egli vi proclamerà la parola di Dio. Perché il Padre che è nei cieli non dona lo spirito secondo misura al proprio Figlio. Il Padre ama suo Figlio e rimetterà presto ogni cosa nelle mani di questo Figlio. Chiunque crede nel Figlio ha la vita eterna. E queste parole che pronuncio sono vere e perenni.”
135:11.3Questi discepoli rimasero talmente stupefatti dalle affermazioni di Giovanni che partirono in silenzio. Anche Giovanni era molto scosso perché percepiva di avere pronunciato una profezia. Egli non dubitò mai più della missione e della divinità di Gesù. Ma fu una dolorosa delusione per Giovanni che Gesù non gli mandasse nemmeno un messaggio, che non venisse a trovarlo e che non esercitasse alcuno dei suoi grandi poteri per farlo uscire di prigione. Ma Gesù sapeva tutto ciò. Egli nutriva grande affetto per Giovanni, ma rendendosi ora conto della sua natura divina e conoscendo pienamente i grandi avvenimenti che si preparavano per Giovanni quando sarebbe partito da questo mondo, e sapendo anche che l’opera terrena di Giovanni era finita, si astenne dall’interferire nello svolgimento naturale della carriera del grande predicatore-profeta.
135:11.4Questa lunga attesa in prigione era umanamente intollerabile. Appena pochi giorni prima della sua morte Giovanni mandò nuovamente da Gesù dei messaggeri di fiducia per chiedergli: “La mia opera è conclusa? Perché languisco in prigione? Sei tu veramente il Messia o dobbiamo cercarne un altro?” E quando questi due discepoli diedero questo messaggio a Gesù, il Figlio dell’Uomo rispose: “Ritornate da Giovanni e ditegli che non l’ho dimenticato, ma che sopporti anche questo, perché è bene che compiamo tutto ciò che prevede la rettitudine. Dite a Giovanni ciò che avete visto e udito—che la buona novella è predicata ai poveri—ed infine dite al diletto araldo della mia missione terrena che egli sarà abbondantemente benedetto nell’era futura se non avrà occasione di dubitare e di esitare su di me.” Questo fu l’ultimo messaggio che Giovanni ricevette da Gesù. Questo messaggio lo confortò grandemente e contribuì molto a rendere più ferma la sua fede e a prepararlo alla tragica fine della sua vita nella carne che seguì così da vicino a questa memorabile circostanza.
12. LA MORTE DI GIOVANNI IL BATTISTA
135:12.1Poiché Giovanni operava nella Perea meridionale al momento dell’arresto, fu condotto immediatamente nella prigione della fortezza di Macheronte, dove rimase incarcerato fino alla sua esecuzione. Erode governava sia la Perea che la Galilea e manteneva allora delle residenze in Perea sia a Giuliade che a Macheronte. In Galilea la sua residenza ufficiale era stata trasferita da Sefforis alla nuova capitale Tiberiade.
135:12.2Erode aveva paura di rilasciare Giovanni per timore che istigasse una ribellione. Egli aveva paura di metterlo a morte per timore che la moltitudine si sollevasse nella capitale, perché migliaia di Pereani credevano che Giovanni fosse un uomo santo, un profeta. Per questo Erode teneva il predicatore nazireo in prigione, non sapendo che cosa fare di lui. Giovanni era comparso parecchie volte davanti ad Erode, ma non aveva mai voluto accettare né di lasciare i domini di Erode né di astenersi da ogni attività pubblica se fosse stato rilasciato. E questa nuova agitazione in costante crescita concernente Gesù di Nazaret, consigliava Erode che non era il momento di lasciare libero Giovanni. Inoltre Giovanni era anche vittima dell’odio implacabile e profondo da parte di Erodiade, la moglie illegittima di Erode.
135:12.3In numerose occasioni Erode parlò con Giovanni del regno dei cieli, e sebbene talvolta fosse seriamente colpito dal suo messaggio, aveva paura di farlo uscire di prigione.
135:12.4Poiché molte costruzioni erano ancora in corso a Tiberiade, Erode passava gran parte del suo tempo nelle sue residenze della Perea, ed aveva una predilezione per la fortezza di Macheronte. Ci vollero parecchi anni prima che tutti gli edifici pubblici e la residenza ufficiale di Tiberiade fossero completamente ultimati.
135:12.5Per la celebrazione del suo compleanno Erode diede una grande festa al palazzo di Macheronte per i suoi ufficiali di grado più elevato e per altre importanti personalità facenti parte dei consigli del governo della Galilea e della Perea. Poiché Erodiade non era riuscita ad ottenere la morte di Giovanni mediante appello diretto ad Erode, si diede ora da fare allo scopo di ottenere la morte di Giovanni con un astuto piano.
135:12.6Nel corso dei festeggiamenti e degli intrattenimenti della sera, Erodiade presentò sua figlia perché danzasse davanti ai convitati. Erode rimase molto affascinato dalla rappresentazione della giovane e chiamatala davanti a lui disse: “Sei incantevole. Sono molto soddisfatto di te. Chiedimi in questo mio anniversario qualunque cosa desideri ed io te la darò, fosse anche la metà del mio regno.” Ed Erode faceva tutto ciò mentre era sotto l’influenza delle sue numerose libagioni. La giovane si trasse in disparte per sentire da sua madre che cosa dovesse chiedere ad Erode. Erodiade le disse: “Va da Erode e chiedi la testa di Giovanni il Battista.” E la giovane ritornò alla tavola del banchetto e disse ad Erode: “Ti chiedo di darmi subito la testa di Giovanni il Battista su un piatto.”
135:12.7Erode fu riempito di timore e di tristezza, ma a causa del suo giuramento e di tutti coloro che sedevano a mangiare con lui, non volle rifiutare la richiesta. Ed Erode Antipa mandò un soldato con l’ordine di portare la testa di Giovanni. Fu così che Giovanni fu decapitato quella notte nella prigione; il soldato portò la testa del profeta su un piatto e la presentò alla giovane nel retro della sala del banchetto. E la fanciulla diede il piatto a sua madre. Quando i discepoli di Giovanni ebbero notizia del fatto, si recarono alla prigione a chiedere il corpo di Giovanni, e dopo averlo deposto in una tomba andarono a riferire a Gesù.