FASCIOLO 171. IN CAMMINO PER GERUSALEMME
171:0.1IL GIORNO dopo il memorabile sermone su “Il regno dei cieli” Gesù annunciò che il giorno seguente lui e gli apostoli sarebbero partiti per la Pasqua a Gerusalemme, visitando per strada numerose città della Perea meridionale.
171:0.2Il discorso sul regno e l’annuncio che stava andando alla Pasqua indussero tutti i suoi discepoli a pensare che egli andava a Gerusalemme per inaugurare il regno temporale della supremazia ebraica. Qualunque cosa Gesù dicesse sul carattere non materiale del regno, non riusciva a rimuovere totalmente dalla mente dei suoi ascoltatori ebrei l’idea che il Messia doveva instaurare una sorta di governo nazionalista con sede a Gerusalemme.
171:0.3Ciò che Gesù disse nel suo sermone del sabato servì solo a confondere la maggior parte dei suoi discepoli; pochissimi furono illuminati dal discorso del Maestro. I principali discepoli compresero qualcosa dei suoi insegnamenti concernenti il regno interiore, “il regno dei cieli dentro di voi”, ma sapevano anche che egli aveva parlato di un altro regno futuro, ed era questo regno che essi credevano stesse ora andando ad instaurare a Gerusalemme. Quando furono delusi in questa aspettativa, quando egli fu respinto dagli Ebrei, e più tardi quando Gerusalemme fu letteralmente distrutta, essi si aggrapparono ancora a questa speranza, credendo sinceramente che il Maestro sarebbe ritornato presto nel mondo in grande potenza ed in gloria maestosa per instaurare il regno promesso.
171:0.4Fu in questa domenica pomeriggio che Salomè, la madre di Giacomo e di Giovanni Zebedeo, venne da Gesù con i suoi due figli apostoli e, nella maniera in cui ci si avvicinava ad un sovrano orientale, cercò di ottenere da Gesù la promessa anticipata di avere accolta qualunque richiesta essa avesse fatto. Ma il Maestro non volle promettere nulla; invece le chiese: “Che cosa desideri che io faccia per te?” Allora Salomè rispose: “Maestro, ora che stai andando a Gerusalemme per instaurare il regno, vorrei chiederti in anticipo di promettermi che questi miei figli saranno onorati con te, uno per sedere alla tua destra e l’altro alla tua sinistra nel tuo regno.”
171:0.5Quando Gesù udì la richiesta di Salomè, disse: “Donna, tu non sai che cosa chiedi.” E poi, guardando dritto negli occhi i due apostoli che cercavano degli onori, disse: “Perché vi conosco e vi amo da lungo tempo, perché ho anche vissuto nella casa di vostra madre, perché Andrea vi ha designati a stare sempre con me, voi permettete a vostra madre di venire da me in segreto, formulando questa richiesta sconveniente. Ma lasciate che vi chieda: siete capaci voi di bere la coppa che io sto per bere?” E senza un istante di riflessione Giacomo e Giovanni risposero: “Sì, Maestro, ne siamo capaci.” Gesù disse: “Sono rattristato che voi non sappiate perché andiamo a Gerusalemme; sono addolorato che non comprendiate la natura del mio regno; sono deluso che abbiate portato vostra madre a presentarmi questa richiesta; ma so che mi amate nel vostro cuore. Perciò vi dichiaro che in verità voi berrete la mia coppa di amarezza e che spartirete la mia umiliazione, ma non spetta a me conferirvi un posto alla mia destra o alla mia sinistra. Questi onori sono riservati a coloro che sono stati designati da mio Padre.”
171:0.6Nel frattempo qualcuno aveva informato di questo incontro Pietro e gli altri apostoli, ed essi furono molto indignati che Giacomo e Giovanni avessero cercato di essere preferiti a loro e che fossero andati segretamente con la loro madre a presentare tale richiesta. Quando essi si misero a discutere tra loro, Gesù li riunì e disse: “Voi comprendete bene come i capi dei Gentili dominano i loro sudditi e come coloro che sono grandi esercitano l’autorità. Ma non sarà così nel regno dei cieli. Chiunque voglia essere grande tra voi, che divenga prima il vostro servitore. Chi volesse essere primo nel regno, che divenga il vostro servo. Io vi dichiaro che il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire; ed ora io vado a Gerusalemme a donare la mia vita per fare la volontà di mio Padre e per servire i miei fratelli.” Quando gli apostoli udirono queste parole si ritirarono a pregare. Quella sera, in risposta agli sforzi di Pietro, Giacomo e Giovanni presentarono delle scuse adeguate ai dieci e furono ristabiliti nelle buone grazie dei loro fratelli.
171:0.7Chiedendo dei posti alla destra e alla sinistra di Gesù a Gerusalemme, i figli di Zebedeo non immaginavano affatto che in meno di un mese il loro amato Maestro sarebbe stato appeso ad una croce romana con un ladro morente da una parte ed un altro malfattore dall’altra. E la loro madre, che fu presente alla crocifissione, si ricordò bene la stolta richiesta che aveva fatto a Gesù a Pella circa gli onori che così sconsideratamente cercava per i suoi figli apostoli.
1. LA PARTENZA DA PELLA
171:1.1Lunedì mattina 13 marzo, Gesù ed i suoi dodici apostoli lasciarono definitivamente l’accampamento di Pella e partirono verso sud per il loro giro nelle città della Perea meridionale, dove stavano lavorando gli associati di Abner. Essi passarono più di due settimane in visita tra i settanta e poi si recarono direttamente a Gerusalemme per la Pasqua.
171:1.2Quando il Maestro lasciò Pella, i discepoli accampati con gli apostoli, circa un migliaio, lo seguirono. Quasi la metà di questo gruppo lo lasciò al guado del Giordano sulla strada per Gerico quando essi appresero che stava andando a Chesbon e dopo che ebbe predicato il sermone su “La valutazione del costo”. Essi proseguirono verso Gerusalemme, mentre l’altra metà lo seguì per due settimane visitando le città della Perea meridionale.
171:1.3In generale la maggior parte dei discepoli immediati di Gesù comprese che il campo di Pella era stato abbandonato, ma pensava realmente che ciò indicasse che il loro Maestro intendeva finalmente andare a Gerusalemme per rivendicare il trono di Davide. Una larga maggioranza di suoi discepoli non fu mai capace di cogliere un concetto diverso del regno dei cieli; qualunque cosa egli insegnasse loro, essi non avrebbero abbandonato questa idea ebraica del regno.
171:1.4Seguendo le istruzioni dell’apostolo Andrea, Davide Zebedeo chiuse il campo di visitatori a Pella mercoledì 15 marzo. In questo momento vi risiedevano quasi quattromila visitatori, senza contare le mille e più persone che soggiornavano con gli apostoli in un luogo conosciuto come il campo degli insegnanti, e che andarono a sud con Gesù e i dodici. Nonostante la sua avversione a farlo, Davide vendette l’intero equipaggiamento a numerosi acquirenti e si recò con i fondi a Gerusalemme, consegnando successivamente il denaro a Giuda Iscariota.
171:1.5Davide fu presente a Gerusalemme durante l’ultima tragica settimana, riconducendo sua madre con lui a Betsaida dopo la crocifissione. Mentre aspettava Gesù e gli apostoli, Davide si fermò da Lazzaro a Betania e fu profondamente turbato dal modo in cui i Farisei avevano cominciato a perseguitarlo e a molestarlo dopo la sua risurrezione. Andrea aveva ordinato a Davide d’interrompere il servizio dei messaggeri, e ciò fu interpretato da tutti come un’indicazione dell’imminente instaurazione del regno a Gerusalemme. Davide si trovava senza un incarico ed aveva quasi deciso di divenire il difensore volontario di Lazzaro, quando l’oggetto della sua indignata sollecitudine fuggì precipitosamente a Filadelfia. Di conseguenza, poco tempo dopo la risurrezione di Gesù e dopo la morte anche di sua madre, Davide si recò anche lui a Filadelfia, dopo aver prima aiutato Marta e Maria a vendere le loro proprietà, E là, in associazione con Abner e Lazzaro, passò il resto della sua vita, divenendo il supervisore finanziario di tutti quei vasti interessi del regno che ebbero il loro centro a Filadelfia durante la vita di Abner.
171:1.6Poco tempo dopo la distruzione di Gerusalemme, Antiochia divenne il quartier generale del Cristianesimo paolino, mentre Filadelfia rimase il centro del regno dei cieli secondo Abner. Da Antiochia, la versione paolina degli insegnamenti di Gesù e a proposito di Gesù si diffuse in tutto il mondo occidentale. Partendo da Filadelfia, i missionari della versione abneriana del regno dei cieli si sparsero in tutta la Mesopotamia e l’Arabia, fino all’epoca successiva in cui questi intransigenti emissari degli insegnamenti di Gesù furono sopraffatti dall’improvviso sviluppo dell’Islam.
2. LA VALUTAZIONE DEL COSTO
171:2.1Quando Gesù ed il suo seguito di circa un migliaio di seguaci arrivarono al guado di Betania sul Giordano, allora chiamato Betabara, i suoi discepoli cominciarono a comprendere che egli non stava andando direttamente a Gerusalemme. Mentre essi esitavano e discutevano tra di loro, Gesù salì su un grosso masso e pronunciò quel discorso divenuto noto come: “La valutazione del costo.” Il Maestro disse:
171:2.2“Voi che vorreste seguirmi, da questo momento in poi dovete accettare di pagare il prezzo della consacrazione sincera a fare la volontà di mio Padre. Se volete essere miei discepoli, dovete essere disposti ad abbandonare padre, madre, moglie, figli, fratelli e sorelle. Se uno di voi vuole ora essere mio discepolo, deve accettare di rinunciare anche alla sua vita, come il Figlio dell’Uomo sta per offrire la sua vita per completare la missione di fare la volontà del Padre sulla terra e nella carne.
171:2.3“Se voi non siete disposti a pagare il prezzo pieno, non potete essere miei discepoli. Prima di proseguire, ciascuno di voi dovrebbe sedersi e calcolare il costo di essere mio discepolo. Chi di voi comincerebbe a costruire una torre di guardia sulle proprie terre senza prima sedersi a calcolare il costo e vedere se possiede abbastanza denaro per completarla? Se non calcolate così il costo, dopo aver posto le fondazioni potreste scoprire che non siete in grado di terminare ciò che avete cominciato, e quindi tutti i vostri vicini si burleranno di voi dicendo: ‘Ecco, quest’uomo ha cominciato a costruire, ma non è stato capace di terminare il suo lavoro.’ Ancora, quale re quando si prepara a fare guerra ad un altro re non si siede prima a riflettere se potrà o meno, con diecimila uomini, affrontare chi viene contro di lui con ventimila? Se il re non può permettersi di affrontare il suo nemico perché non è preparato, manda un’ambasceria a quest’altro re, mentre questi è ancora lontano, per informarsi sulle condizioni di pace.
171:2.4“Ora, dunque, ciascuno di voi deve sedersi e valutare il costo di essere mio discepolo. D’ora in poi voi non potrete più seguirci ascoltando l’insegnamento ed osservando le opere; dovrete affrontare persecuzioni accanite e testimoniare per questo vangelo di fronte ad opprimenti delusioni. Se non accettate di rinunciare a tutto ciò che siete e di dedicare tutto quello che possedete, allora non siete degni di essere miei discepoli. Se voi avete già conquistato voi stessi nel vostro cuore, non dovete avere alcun timore di quella vittoria esteriore che dovrete conseguire presto quando il Figlio dell’Uomo sarà respinto dai capi dei sacerdoti e dai Sadducei e messo nelle mani di non credenti beffeggiatori.
171:2.5“Ora dovreste esaminare voi stessi per scoprire che cosa vi spinge ad essere miei discepoli. Se cercate onore e gloria, se siete inclini alle cose terrene, voi siete simili al sale che ha perso il suo sapore. E quando ciò che è apprezzato per la sua salinità ha perso il suo sapore, con che cosa si condirà? Un tale condimento è inutile; è buono solo per essere gettato tra i rifiuti. Ora io vi ho avvertiti di tornare in pace a casa vostra se non siete disposti a bere con me la coppa che sta per essere preparata. Io vi ho detto molte volte che il mio regno non è di questo mondo, ma voi non volete credermi. Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti ciò che dico.”
171:2.6Immediatamente dopo aver pronunciato queste parole, Gesù, conducendo i dodici, partì per Chesbon, seguito da circa cinquecento persone. Poco dopo l’altra metà della moltitudine si diresse verso Gerusalemme. I suoi apostoli, come pure i principali discepoli, rifletterono molto su queste parole, ma rimasero ancora attaccati alla credenza che, dopo questo breve periodo di avversità e di prove, il regno sarebbe stato certamente instaurato in qualche modo conformemente alle loro speranze a lungo accarezzate.
3. IL GIRO DELLA PEREA
171:3.1Per più di due settimane Gesù e i dodici, seguiti da una folla di parecchie centinaia di discepoli, viaggiarono nel sud della Perea visitando tutte le città in cui lavoravano i settanta. In questa regione vivevano molti Gentili, e poiché pochi di loro sarebbero andati alla festa della Pasqua a Gerusalemme, i messaggeri del regno proseguirono la loro opera d’insegnamento e di predicazione.
171:3.2Gesù incontrò Abner a Chesbon e Andrea ordinò che i lavori dei settanta non fossero interrotti per la festa della Pasqua; Gesù raccomandò ai messaggeri di proseguire la loro opera senza tenere alcun conto di ciò che sarebbe accaduto a Gerusalemme. Egli consigliò anche ad Abner di permettere al corpo delle donne, almeno a quelle che lo desideravano, di andare a Gerusalemme per la Pasqua. E questa fu l’ultima volta che Abner vide Gesù nella carne. Il suo saluto di addio ad Abner fu: “Figlio mio, so che sarai fedele al regno, e prego il Padre di concederti saggezza affinché tu possa amare e comprendere i tuoi fratelli.”
171:3.3Mentre essi andavano di città in città, un gran numero di loro seguaci lì lasciò per andare a Gerusalemme, cosicché, quando Gesù partì per la Pasqua, il numero di coloro che lo seguivano giorno per giorno si era ridotto a meno di duecento.
171:3.4Gli apostoli compresero che Gesù stava andando a Gerusalemme per la Pasqua. Essi sapevano che il Sinedrio aveva diffuso in tutto Israele il messaggio che egli era stato condannato a morte e che ordinava a chiunque sapesse dove si trovava d’informare il Sinedrio. Eppure, malgrado tutto ciò, essi non erano così allarmati come lo erano stati quando egli aveva annunciato loro a Filadelfia che sarebbe andato a Betania per vedere Lazzaro. Questo cambiamento di atteggiamento da uno stato d’intensa paura a quello di tranquilla aspettativa era principalmente dovuto alla risurrezione di Lazzaro. Essi erano giunti alla conclusione che Gesù poteva, in caso di necessità, affermare il suo potere divino e svergognare i suoi nemici. Questa speranza, unita alla loro più profonda e matura fede nella supremazia spirituale del loro Maestro, spiega il coraggio esteriore mostrato dai suoi discepoli immediati, che erano ora pronti a seguirlo a Gerusalemme anche di fronte all’aperta dichiarazione del Sinedrio che egli doveva morire.
171:3.5La maggior parte degli apostoli e molti dei suoi discepoli più vicini non credevano possibile che Gesù morisse; essi, pensando che egli era “la risurrezione e la vita”, lo consideravano immortale e già trionfante sulla morte.
4. L’INSEGNAMENTO A LIVIA
171:4.1Mercoledì sera 29 marzo, Gesù e i suoi discepoli si accamparono a Livia sulla loro strada verso Gerusalemme, dopo aver completato il loro giro delle città della Perea meridionale. Fu durante questa notte a Livia che Simone Zelota e Simon Pietro, che avevano cospirato per farsi consegnare in questo posto più di cento spade, ricevettero e distribuirono queste armi a tutti coloro che vollero accettarle e portarle nascoste sotto i loro mantelli. Simon Pietro portava ancora la sua spada la notte in cui il Maestro fu tradito nel giardino.
171:4.2Giovedì mattina presto, prima che gli altri si fossero svegliati, Gesù chiamò Andrea e gli disse: “Sveglia i tuoi fratelli! Ho qualcosa da dire loro.” Gesù sapeva delle spade e chi dei suoi apostoli aveva ricevuto e stava portando queste armi, ma non rivelò mai loro che conosceva queste cose. Quando Andrea ebbe svegliato i suoi compagni e si furono riuniti, Gesù disse: “Figli miei, siete stati con me per lungo tempo ed io vi ho insegnato molte cose utili per questi tempi, ma vorrei ora avvertirvi di non riporre la vostra fiducia nelle incertezze della carne o nelle fragilità della difesa umana contro le difficoltà e le prove che ci attendono tra breve. Vi ho portati qui a parte da soli per dirvi chiaramente ancora una volta che stiamo andando a Gerusalemme, dove sapete che il Figlio dell’Uomo è già stato condannato a morte. Vi dico di nuovo che il Figlio dell’Uomo sarà consegnato nelle mani dei capi dei sacerdoti e dei dirigenti religiosi; che essi lo condanneranno e lo consegneranno nelle mani dei Gentili. E così essi si burleranno del Figlio dell’Uomo, ed anche sputeranno su di lui e lo frusteranno, e lo metteranno a morte. E quando uccideranno il Figlio dell’Uomo non siate costernati, perché io vi dichiaro che al terzo giorno egli risusciterà. Abbiate cura di voi e ricordatevi che io vi ho preavvertiti.”
171:4.3Di nuovo gli apostoli furono stupiti, sconcertati; ma non riuscirono a prendere le sue parole alla lettera; non riuscirono a comprendere che il Maestro intendeva proprio ciò che diceva. Essi erano talmente accecati dalla loro persistente credenza nel regno temporale sulla terra, con sede a Gerusalemme, che non potevano—non volevano—permettere a se stessi di accettare le parole di Gesù alla lettera. Essi meditarono tutto quel giorno su che cosa il Maestro avesse voluto dire con tali strane dichiarazioni. Ma nessuno di loro osò porgli una domanda riguardo a queste affermazioni. Solo dopo la sua morte questi apostoli disorientati compresero che il Maestro aveva parlato loro apertamente e direttamente in previsione della sua crocifissione.
171:4.4Fu qui a Livia, poco dopo la colazione, che certi Farisei simpatizzanti vennero a trovare Gesù e gli dissero: “Allontanati in fretta da questi luoghi, perché Erode, come ha fatto con Giovanni, ora cerca di uccidere te. Egli teme una sollevazione del popolo e ha deciso di ucciderti. Ti portiamo questo avvertimento perché tu possa fuggire.”
171:4.5E ciò era parzialmente vero. La risurrezione di Lazzaro aveva scosso e allarmato Erode, e sapendo che il Sinedrio aveva osato condannare Gesù ancor prima di giudicarlo, Erode aveva deciso di uccidere Gesù o di cacciarlo dai suoi domini. Egli desiderava in realtà la seconda soluzione perché lo temeva talmente che sperava di non essere costretto a giustiziarlo.
171:4.6Dopo che Gesù ebbe ascoltato ciò che i Farisei avevano da dire, rispose: “So bene di Erode e della sua paura di questo vangelo del regno. Ma non ingannatevi, egli preferirebbe molto che il Figlio dell’Uomo andasse a Gerusalemme per soffrire e morire per mano dei capi dei sacerdoti. Avendo macchiato le sue mani con il sangue di Giovanni, egli non è ansioso di divenire responsabile della morte del Figlio dell’Uomo. Andate a dire a quella volpe che il Figlio dell’Uomo predica oggi in Perea, domani andrà in Giudea, e che tra qualche giorno avrà completato la sua missione sulla terra e sarà pronto ad ascendere al Padre.”
171:4.7Poi, rivolgendosi ai suoi apostoli, Gesù disse: “Fin dai tempi antichi i profeti sono periti a Gerusalemme, ed è necessario che il Figlio dell’Uomo vada nella città della casa del Padre per essere offerto come prezzo dell’intolleranza umana e come risultato del pregiudizio religioso e della cecità spirituale. O Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi gli insegnanti della verità! Quante volte avrei voluto riunire i tuoi figli come una chioccia riunisce i suoi pulcini sotto le sue ali, ma non hai voluto lasciarmelo fare! Ecco, la tua casa sta per essere lasciata a te desolata! Tu desidererai molte volte vedermi, ma non ci riuscirai. Allora mi cercherai, ma non mi troverai.” E dopo che ebbe parlato, egli si rivolse verso coloro che stavano attorno a lui e disse: “Ciononostante andiamo a Gerusalemme ad assistere alla Pasqua e a fare ciò che si conviene a noi per compiere la volontà del Padre che è nei cieli.”
171:4.8Era un gruppo di credenti confuso e sconcertato quello che questo giorno seguì Gesù a Gerico. Gli apostoli riuscirono a discernere soltanto la nota certa del trionfo finale nelle dichiarazioni di Gesù riguardo al regno; essi non riuscivano a giungere al punto di essere disposti a cogliere gli avvertimenti sull’imminente rovescio. Quando Gesù parlò di “risurrezione al terzo giorno”, essi presero questa dichiarazione come significante un trionfo certo del regno immediatamente successivo ad una spiacevole scaramuccia preliminare con i capi religiosi ebrei. Il “terzo giorno” era un’espressione corrente degli Ebrei che significava “subito” o “poco dopo”. Quando Gesù parlò di “risurrezione”, essi credettero che si riferisse alla “risurrezione del regno”.
171:4.9Gesù era stato accolto da questi credenti come il Messia, e gli Ebrei sapevano poco o nulla di un Messia sofferente. Essi non comprendevano che Gesù stava per compiere per mezzo della sua morte molte cose che non sarebbero mai state realizzate mediante la sua vita. Mentre fu la risurrezione di Lazzaro che diede agli apostoli il coraggio di entrare a Gerusalemme, fu il ricordo della trasfigurazione che sostenne il Maestro durante questo periodo difficile del suo conferimento.
5. IL CIECO A GERICO
171:5.1Nel tardo pomeriggio di giovedì 30 marzo, Gesù e i suoi apostoli, alla testa di un gruppo di circa duecento seguaci, si avvicinavano alle mura di Gerico. Quando giunsero vicino alla porta della città, essi incontrarono una folla di mendicanti, tra cui un certo Bartimeo, un uomo anziano che era cieco dalla sua giovinezza. Questo mendicante cieco aveva sentito parlare molto di Gesù e sapeva tutto sulla guarigione del cieco Giosia a Gerusalemme. Egli era stato informato dell’ultima visita di Gesù a Gerico solo dopo che era ripartito per Betania. Bartimeo aveva deciso che non avrebbe lasciato mai più che Gesù visitasse Gerico senza fare appello a lui per recuperare la sua vista.
171:5.2La notizia dell’avvicinarsi di Gesù era stata annunciata in tutta Gerico, e centinaia di abitanti si erano radunati per andargli incontro. Quando questa grande folla tornò scortando il Maestro dentro la città, Bartimeo, udendo il pesante scalpiccio della moltitudine, capì che qualcosa d’insolito stava avvenendo, e così chiese a coloro che erano vicino a lui che cosa stesse succedendo. E uno dei mendicanti rispose: “Sta passando Gesù di Nazaret.” Quando Bartimeo sentì che Gesù era vicino, alzò la sua voce e cominciò a gridare: “Gesù, Gesù, abbi pietà di me!” E poiché egli continuava a gridare sempre più forte, alcuni di quelli che erano vicini a Gesù andarono a rimproverarlo, dicendogli di starsene tranquillo; ma non servì a nulla; egli gridò ancora di più e più forte.
171:5.3Quando Gesù sentì il cieco gridare, si fermò. E quando lo vide, disse ai suoi amici: “Conducete l’uomo da me.” Allora essi andarono da Bartimeo dicendo: “Fatti coraggio, vieni con noi, perché il Maestro ti vuole.” Quando Bartimeo udì queste parole, gettò via il suo mantello, balzando verso il centro della strada, mentre le persone vicine lo guidavano verso Gesù. Rivolgendosi a Bartimeo, Gesù disse: “Che cosa vuoi che faccia per te?” Allora il cieco rispose: “Vorrei che la mia vista fosse risanata.” E quando Gesù udì questa richiesta e vide la sua fede, disse: “Recupererai la tua vista, va per la tua strada, la tua fede ti ha guarito.” Immediatamente egli recuperò la vista e rimase vicino a Gesù, glorificando Dio, fino a che il Maestro partì il giorno dopo per Gerusalemme; ed allora egli precedette la moltitudine proclamando a tutti come la sua vista era stata recuperata a Gerico.
6. LA VISITA A ZACCHEO
171:6.1Quando la processione del Maestro entrò a Gerico era quasi il tramonto, ed egli era intenzionato a fermarsi là per la notte. Mentre Gesù passava vicino alla dogana, Zaccheo, il capo pubblicano o esattore delle tasse, capitò che fosse presente ed egli desiderava molto vedere Gesù. Questo capo pubblicano era molto ricco ed aveva sentito parlare molto di questo profeta della Galilea. Egli aveva deciso di voler vedere quale tipo d’uomo fosse Gesù la prima volta che fosse venuto a Gerico. Di conseguenza Zaccheo cercò di aprirsi un varco tra la folla, ma essa era troppo spessa, ed essendo egli piccolo di statura, non riusciva a vedere sopra le teste. E così il capo pubblicano proseguì con la folla fino a che giunsero vicino al centro della città e non lontano dal luogo in cui abitava. Quando vide che non sarebbe riuscito a fendere la folla, e pensando che Gesù avrebbe attraversato la città senza fermarsi, egli corse avanti e si arrampicò su un sicomoro i cui lunghi rami sporgevano sopra la strada. Egli sapeva che in questo modo avrebbe potuto vedere bene il Maestro al suo passaggio. E non fu deluso, perché, quando Gesù passò di lì, si fermò e, alzando gli occhi verso Zaccheo disse: “Sbrigati a scendere, Zaccheo, perché questa sera devo dimorare a casa tua.” Quando Zaccheo udì queste sorprendenti parole, quasi cadde dall’albero nella fretta di scendere, e andando verso Gesù, espresse grande gioia per il fatto che il Maestro intendeva fermarsi a casa sua.
171:6.2Essi andarono subito a casa di Zaccheo e gli abitanti di Gerico furono molto sorpresi che Gesù acconsentisse di dimorare presso il capo pubblicano. Anche mentre il Maestro e i suoi apostoli stavano con Zaccheo davanti alla porta della sua casa, uno dei Farisei di Gerico che si trovava vicino disse: “Vedete come quest’uomo è andato ad alloggiare presso un peccatore, un figlio apostata di Abramo che è uno strozzino e un ladro del suo stesso popolo.” Quando Gesù udì ciò, guardò Zaccheo e sorrise. Allora Zaccheo salì su uno sgabello e disse: “Uomini di Gerico, ascoltatemi! Io posso essere un Pubblicano e un peccatore, ma il grande Maestro è venuto a dimorare nella mia casa; e prima che egli entri io vi assicuro che donerò metà di tutti i miei beni ai poveri, e da domani, se ho riscosso ingiustamente qualcosa da qualcuno, lo restituirò quadruplicato. Io sto cercando la salvezza con tutto il mio cuore e sto imparando ad agire con rettitudine agli occhi di Dio.”
171:6.3Quando Zaccheo ebbe finito di parlare, Gesù disse: “Oggi la salvezza è venuta in questa casa e tu sei divenuto in verità un figlio di Abramo.” E rivolgendosi alla folla riunita attorno a loro, Gesù disse: “Non meravigliatevi per ciò che dico né offendetevi per ciò che facciamo, perché io ho costantemente dichiarato che il Figlio dell’Uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che è perduto.”
171:6.4Essi alloggiarono presso Zaccheo per la notte. Il giorno seguente si alzarono e ripresero il loro cammino seguendo la “strada dei ladri” verso Betania per assistere alla Pasqua a Gerusalemme.
7. “MENTRE GESÙ PASSAVA”
171:7.1Gesù spargeva conforto ovunque andasse. Egli era pieno di grazia e di verità. I suoi associati non cessarono mai di meravigliarsi delle parole amorevoli che uscivano dalla sua bocca. Si può coltivare l’amabilità, ma la benevolenza è l’aroma dell’amicizia che emana da un’anima satura d’amore.
171:7.2La bontà induce sempre al rispetto, ma quando è priva di grazia essa respinge spesso l’affetto. La bontà è universalmente attrattiva solo quando è benevola. La bontà è efficace solo quando è attrattiva.
171:7.3Gesù comprendeva realmente gli uomini; per questo egli poteva manifestare una vera simpatia e mostrare una sincera compassione. Ma raramente indulgeva alla pietà. Mentre la sua compassione era illimitata, la sua simpatia era pratica, personale e costruttiva. La sua familiarità con la sofferenza non generò mai indifferenza, e sapeva portare il suo ministero alle anime angosciate senza accrescere la loro autocommiserazione.
171:7.4Gesù poteva aiutare così tanto gli uomini perché li amava sinceramente. Egli amava veramente ogni uomo, ogni donna e ogni bambino. Egli poteva essere un tale vero amico a causa della sua notevole percezione—conosceva pienamente quello che c’era nel cuore e nella mente dell’uomo. Egli era un osservatore interessato ed acuto. Era un esperto nella comprensione dei bisogni umani, abile nello scoprire i desideri umani.
171:7.5Gesù non era mai impaziente. Egli aveva tempo per confortare i suoi simili “mentre passava”. E faceva sempre sentire i suoi amici a proprio agio. Era un ascoltatore affascinante. Egli non s’impegnò mai in un’indagine indiscreta dell’anima dei suoi associati. Quando confortava delle menti affamate e curava delle anime assetate, i beneficiari della sua misericordia non avevano tanto l’impressione di confessarsi a lui quanto di conferire con lui. Essi avevano una fiducia illimitata in lui perché vedevano che egli aveva così tanta fede in loro.
171:7.6Egli non sembrò mai essere curioso verso la gente e non manifestò mai il desiderio di comandarli, di dirigerli o di approfittare di loro. Egli ispirava una profonda fiducia in se stessi ed un fermo coraggio in tutti coloro che godevano della sua associazione. Quando sorrideva ad un uomo, quel mortale sperimentava un’accresciuta capacità di risolvere i suoi molteplici problemi.
171:7.7Gesù amava così tanto e così saggiamente gli uomini che non esitava mai ad essere severo con loro quando la situazione esigeva tale disciplina. Frequentemente egli portava aiuto ad una persona chiedendogli aiuto. In questo modo egli suscitava interesse e faceva appello alle cose migliori della natura umana.
171:7.8Il Maestro seppe discernere la fede salvifica nella superstizione grossolana della donna che cercava la guarigione toccando il bordo della sua veste. Egli era sempre pronto e disposto ad interrompere un sermone o a fare attendere una moltitudine mentre provvedeva ai bisogni di una singola persona, anche di un bambino. Accaddero grandi cose non solo perché le persone avevano fede in Gesù, ma anche perché Gesù aveva così tanta fede in loro.
171:7.9La maggior parte delle cose realmente importanti che Gesù disse o fece sembrarono accadere per caso, “mentre egli passava”. Ci fu così poco di professionale, di prestabilito o di premeditato nel ministero terrestre del Maestro. Egli dispensò salute e sparse felicità con naturalezza e grazia mentre viaggiava attraverso la vita. Era letteralmente vero che “egli andava in giro facendo del bene”.
171:7.10E si conviene ai seguaci del Maestro che in tutte le ere imparino a curare mentre “passano”—a fare del bene disinteressato mentre si occupano dei loro doveri quotidiani.
8. LA PARABOLA DELLE MINE
171:8.1Essi non partirono da Gerico che poco prima di mezzogiorno, perché erano rimasti alzati fino a tardi la sera prima mentre Gesù insegnava a Zaccheo e alla sua famiglia il vangelo del regno. Circa a metà della strada che saliva verso Betania il gruppo si fermò per mangiare, mentre la moltitudine proseguiva per Gerusalemme, non sapendo che Gesù e gli apostoli stavano andando a trascorrere quella notte sul Monte degli Olivi.
171:8.2La parabola delle monete, contrariamente alla parabola dei talenti che era destinata a tutti i discepoli, fu raccontata più esclusivamente agli apostoli ed era largamente basata sull’esperienza di Archelao e sul suo futile tentativo di conquistare la sovranità del regno di Giudea. Questa è una delle poche parabole del Maestro basata su un personaggio storico reale. Non era strano che essi avessero pensato ad Archelao, poiché la casa di Zaccheo a Gerico era molto vicina all’adorno palazzo di Archelao, ed il suo acquedotto correva lungo la strada per la quale essi erano partiti da Gerico.
171:8.3Gesù disse: “Voi pensate che il Figlio dell’Uomo vada a Gerusalemme per ricevere un regno, ma io vi dichiaro che rimarrete delusi. Non vi ricordate di un certo principe che andò in un paese lontano per ricevere un regno, ma prima ancora che fosse tornato i cittadini della sua provincia, che lo avevano già respinto nel loro cuore, gli mandarono un’ambasceria dicendo: ‘Noi non vogliamo che quest’uomo regni su di noi’? Come questo re fu respinto nel governo temporale, così il Figlio dell’Uomo sarà respinto nel governo spirituale. Io vi dichiaro nuovamente che il mio regno non è di questo mondo; ma se al Figlio dell’Uomo fosse stato concesso il governo spirituale del suo popolo, egli avrebbe accettato questo regno di anime umane ed avrebbe regnato su tale dominio di cuori umani. Nonostante che essi respingano il mio governo spirituale su di loro, io tornerò di nuovo per ricevere da altri tale regno dello spirito che ora mi è negato. Voi vedrete il Figlio dell’Uomo ora respinto, ma in un’altra era ciò che i figli di Abramo ora respingono sarà accolto ed esaltato.
171:8.4“Ed ora, come il nobile respinto di questa parabola, vorrei convocare davanti a me i miei dodici servitori, i miei intendenti speciali, e dando a ciascuno di voi la somma di una mina, vorrei raccomandare ad ognuno di seguire bene le mie istruzioni per commerciare diligentemente con il denaro affidatovi durante la mia assenza, affinché abbiate di che giustificare la vostra gestione quando ritornerò, quando vi sarà richiesto un resoconto.
171:8.5“Ed anche se questo Figlio respinto non tornasse, un altro Figlio sarà inviato a ricevere questo regno, e questo Figlio manderà allora a cercarvi tutti per ricevere il vostro rapporto di gestione e per godere dei vostri guadagni.
171:8.6“E quando questi intendenti furono successivamente convocati per la resa dei conti, si fece avanti il primo dicendo: ‘Signore, con la tua mina ne ho guadagnate altre dieci.’ E il suo padrone gli disse: ‘Ben fatto; tu sei un buon servitore; poiché ti sei mostrato fedele in questo affare, ti darò autorità su dieci città.’ Poi venne il secondo dicendo: ‘La mina che mi hai affidato, Signore, ha prodotto cinque mine.’ E il padrone disse: ‘Di conseguenza ti farò capo di cinque città.’ E così di seguito per tutti gli altri fino a che l’ultimo dei servitori, chiamato a rendere conto, disse: ‘Signore, ecco la tua mina che ho conservato con cura avvolta in questo panno. Ho fatto ciò perché avevo paura di te; ho pensato che eri esigente, visto che raccogli dove non hai depositato e che cerchi di mietere dove non hai seminato.’ Allora il padrone disse: ‘Servo negligente ed infedele, ti giudicherò secondo le tue stesse parole. Tu sapevi che io raccolgo dove apparentemente non ho seminato; perciò sapevi che ti sarebbe stato richiesto questo rendiconto. Conoscendo ciò, avresti dovuto almeno consegnare il mio denaro al banchiere, affinché al mio ritorno io potessi averlo avuto con un interesse adeguato.’
171:8.7“E poi questo principe disse a coloro che stavano là: ‘Togliete il denaro a questo servo parassita e datelo a quello che ha dieci mine.’ E quando essi ricordarono al padrone che costui aveva già dieci mine, egli disse: ‘A chiunque ha sarà dato di più, ma a colui che non ha gli sarà tolto anche quello che ha.’ ”
171:8.8Allora gli apostoli cercarono di conoscere la differenza tra il significato di questa parabola e quello della precedente parabola dei talenti, ma Gesù disse soltanto, in risposta alle loro numerose domande: “Meditate bene queste parole nel vostro cuore mentre ciascuno di voi scopre il loro vero significato.”
171:8.9Fu Natanaele che insegnò così bene il significato di queste due parabole negli anni successivi, riassumendo i suoi insegnamenti in queste conclusioni:
171:8.101. La capacità è la misura pratica delle opportunità della vita. Non sarete mai ritenuti responsabili del compimento di ciò che oltrepassa le vostre capacità.
171:8.112. La fedeltà è la misura infallibile della credibilità umana. Colui che è fedele nelle piccole cose mostrerà similmente fedeltà anche in tutto ciò che è compatibile con le sue doti.
171:8.123. Il Padrone concede una ricompensa minore per una fedeltà minore quando l’opportunità è uguale.
171:8.134. Egli concede una ricompensa uguale per una fedeltà uguale quando l’opportunità è minore.
171:8.14Quando essi ebbero finito di mangiare, e dopo che la moltitudine di seguaci ebbe proseguito verso Gerusalemme, Gesù, alzatosi in piedi davanti agli apostoli all’ombra di una roccia a strapiombo sulla strada, con gioiosa dignità e graziosa maestà puntò il dito verso ovest dicendo: “Venite, fratelli miei, entriamo in Gerusalemme per ricevervi ciò che ci aspetta; compiremo così la volontà del Padre celeste in tutte le cose.”
171:8.15E così Gesù ed i suoi apostoli ripresero questo viaggio, l’ultimo del Maestro a Gerusalemme nelle sembianze della carne di un uomo mortale.